IN MEMORIAM
DO AMIGO
ALBERTE ROMASANTA
Marcos Valcárcel
ENVEJECER, MORIR, ES EL ÚNICO ARGUMENTO DE LA OBRA
No volveré a ser joven
Que la vida iba en serio
uno lo empieza a comprender más tarde
-como todos los jóvenes, yo vine
a llevarme la vida por delante
Dejar huella quería
y marcharme entre aplausos
-envejecer, morir, eran tan sólo
las dimensiones del teatro
Pero ha pasado el tiempo
y la verdad desagradable asoma:
envejecer, morir
es el único argumento de la obra
Jaime Gil de Biedma, “Poemas póstumos”1968
LA BELLEZA
-
Paisaxes con música
de
Emilio Blanco "Milucho"
La belleza
Segundos fuera (1989)
*Luis Eduardo Aute*
Hace 6 días
13 comentarios:
Este é un deses poemas inesquecibles. Gil de Biedma ten uns cantos. Só por algúns versos merece a gloria literaria.
Virá a morte e terá os teus ollos
esta morte que nos acompaña
da mañán a noite, insomme,
xorda, coma un vello remordimento
ou un vicio absurdo. Teus ollos
serán unha verba van,
un berro acalado, un silencio.
Así os ves cada mañán
cando te inclinas so ante o! espello.
¡Ouh querida esperanza,
tamén nos aquel día
saberemos que es a vida e a nada!
A morte ten unha mirada para todos.
Virá a morte e terá os teus ollos.
Será como abandoar un vicio,
como ver que emerxe de novo
unha face morta no espello,
un escoitar un labio pechado.
Descenderemos ao remuiño, mudos.
Poema de CP
Adicado a Alberto Romasanta Armesto, cuxas cinzas van xa no vento que axita a memoria nos asteleiros do eterno.
O pasado día 8 de agosto Nicola Enrichens, un amigo de Pavese, autor do poema que coloca o amigo anónimo, escribe esta preciosa narración dos últimos recordos seus de Pavese. Non sei por que (tal vez os dous pratos de tagliatelle que se papou Pavese) pero atrevinme a colocalos aquí.
Se algún non o entende moi ben, eu gustoso o traducirei.
Santa Libera è una collina situata a mezzogiorno di S. Stefano e vi si accede attraverso una strada asfaltata, che passa vicino alla vecchia torre, che è a mezza costa, sopra di un rittano profondo. Quando vi andammo con Pavese, salimmo lungo la scorciatoia, a sinistra della torre, e scendemmo dalla parte opposta, lungo la strada, ora asfaltata, allora polverosa. Era il 6 giugno del 1950, una mattinata dal cielo pulito, dall' aria "sclinta". Prendo la descrizione da una nota di cronaca della giovane maestra, che dirigeva la scuoletta di S. Libera, dal registro di classe: «L' inverno muore lentamente nella primavera. Una gioia viva c' è in tuttia salutare la terra che si rinnovella. Anche noi usciamo nei pratia cercare la primavera, raccogliere trai fiori il suo profumo.I peschi e i mandorli sono tutti in trillo, punteggiati di fiorellini bianchi e rosa, e un odore inebriante di terra fresca c' è nell' aria trasparente. I ruscelli cantano fra le sponde fiorite, le violee le pratelline stellanoi declivi dei prati in sfumature azzurre e violette». «Il mondo piccino si ridesta con le sue api d' oro e le farfalline ingioiellate per la grande festa. È tutto un fruscio ed un volo. Anche la lucertolina esce dal suo buco e corre svelta dove il sole batte più intenso. I bimbi amano questi umili insetti: s' immedesimano della loro vita e gioiscono d' ogni loro avventura». La sera precedente, il 5 giugno, lo scrittore, invitato da me, era venuto e aveva preso alloggio all' Albergo della Posta, dove io ero in pensione. Cenammo con buon appetito e Pavese, ricordo bene, sembrava ben disposto alla compagnia: mangiò persino due piatti di tagliatelle! Poi fummo ospiti di un comune amico, che ci offrì dello spumante. Si parlò del più e del meno ed anche della Resistenza. L' amico ebbe delle parole un po' accese sulla guerra, sulle distruzioni, sugli abusi di violenza. Vidi Pavese sbiancare in volto, alzarsi di scatto e dire: - Non esageriamo; le violenze ci sono state da una partee dall' altra, ma la Resistenza ha salvato l' Italia dalla dittatura! - Io calmai le acque e la discussione assunse toni più distesi. Ma Pavese fu nervoso per tutta la sera. (continúa)
O pasado día 8 de agosto Nicola Enrichens, un amigo de Pavese, autor do poema que coloca o amigo anónimo, escribe esta preciosa narración dos últimos recordos seus de Pavese. Non sei por que (tal vez os dous pratos de tagliatelle que se papou Pavese) pero atrevinme a colocalos aquí.
Se algún non o entende moi ben, eu gustoso o traducirei.
Santa Libera è una collina situata a mezzogiorno di S. Stefano e vi si accede attraverso una strada asfaltata, che passa vicino alla vecchia torre, che è a mezza costa, sopra di un rittano profondo. Quando vi andammo con Pavese, salimmo lungo la scorciatoia, a sinistra della torre, e scendemmo dalla parte opposta, lungo la strada, ora asfaltata, allora polverosa. Era il 6 giugno del 1950, una mattinata dal cielo pulito, dall' aria "sclinta". Prendo la descrizione da una nota di cronaca della giovane maestra, che dirigeva la scuoletta di S. Libera, dal registro di classe: «L' inverno muore lentamente nella primavera. Una gioia viva c' è in tuttia salutare la terra che si rinnovella. Anche noi usciamo nei pratia cercare la primavera, raccogliere trai fiori il suo profumo.I peschi e i mandorli sono tutti in trillo, punteggiati di fiorellini bianchi e rosa, e un odore inebriante di terra fresca c' è nell' aria trasparente. I ruscelli cantano fra le sponde fiorite, le violee le pratelline stellanoi declivi dei prati in sfumature azzurre e violette». «Il mondo piccino si ridesta con le sue api d' oro e le farfalline ingioiellate per la grande festa. È tutto un fruscio ed un volo. Anche la lucertolina esce dal suo buco e corre svelta dove il sole batte più intenso. I bimbi amano questi umili insetti: s' immedesimano della loro vita e gioiscono d' ogni loro avventura». La sera precedente, il 5 giugno, lo scrittore, invitato da me, era venuto e aveva preso alloggio all' Albergo della Posta, dove io ero in pensione. Cenammo con buon appetito e Pavese, ricordo bene, sembrava ben disposto alla compagnia: mangiò persino due piatti di tagliatelle! Poi fummo ospiti di un comune amico, che ci offrì dello spumante. Si parlò del più e del meno ed anche della Resistenza. L' amico ebbe delle parole un po' accese sulla guerra, sulle distruzioni, sugli abusi di violenza. Vidi Pavese sbiancare in volto, alzarsi di scatto e dire: - Non esageriamo; le violenze ci sono state da una partee dall' altra, ma la Resistenza ha salvato l' Italia dalla dittatura! - Io calmai le acque e la discussione assunse toni più distesi. Ma Pavese fu nervoso per tutta la sera. (continúa)
O pasado día 8 de agosto Nicola Enrichens, un amigo de Pavese, autor do poema que coloca o amigo anónimo, escribe esta preciosa narración dos últimos recordos seus de Pavese. Non sei por que (tal vez os dous pratos de tagliatelle que se papou Pavese) pero atrevinme a colocalos aquí.
Se algún non o entende moi ben, eu gustoso o traducirei.
La sera precedente, il 5 giugno, lo scrittore, invitato da me, era venuto e aveva preso alloggio all' Albergo della Posta, dove io ero in pensione. Cenammo con buon appetito e Pavese, ricordo bene, sembrava ben disposto alla compagnia: mangiò persino due piatti di tagliatelle! Poi fummo ospiti di un comune amico, che ci offrì dello spumante. Si parlò del più e del meno ed anche della Resistenza. L' amico ebbe delle parole un po' accese sulla guerra, sulle distruzioni, sugli abusi di violenza. Vidi Pavese sbiancare in volto, alzarsi di scatto e dire: - Non esageriamo; le violenze ci sono state da una partee dall' altra, ma la Resistenza ha salvato l' Italia dalla dittatura! - Io calmai le acque e la discussione assunse toni più distesi. Ma Pavese fu nervoso per tutta la sera. (continúa)
Eranoi giorni terribili del suo burrascoso amore con la C. Dowling. La mattina seguente andammo a S. Libera. Io dovevo visitare quella scuola - quindici bambini, una sola insegnante, quattro classi - ed invitai anche lui a venire. Mentre salivamo, per la strada di Seirole, che porta a S. Libera, Pavese mi fece tutto un panorama della letteratura contemporanea, dicendomi che, da noi, ciò che era rimasto di valido, come contatto colla realtà, era il ritorno a Verga. - Lei deve partire, mi disse, da Verga, salta la triade Carducci-Pascoli-D' Annunzio, ed arrivare, ad esempio a Federico Tozzi e De Sica. Mi parlò dell' "Ulisse", di Joyce, di Proust, (del quale mi mandò "La strada di Swann") di Lee Masters ecc. Si fermò davanti ad un pesco fiorito ad ammirarlo: vidi, dietro i vetri tersi delle sue lenti, i suoi occhi brillare, come incantati per un miracolo. Mi parlò del mito, delle religioni antiche, quando ci fermammo davanti a un pilone d' un santo, fu, per me, la sintesi meravigliosa dei miei studi, che Pavese ripulì, quel giorno, dei sedimenti della tradizione. Comprai, poi, "Tre croci" del Tozzi. Ritornammo all' Albergo della Posta; mangiammo di buon appetito, poi l' accompagnai, a piedi, fino alla stazione, dove egli prese il treno per Torino. Stava maturando il "Premio Strega". Ebbi, però, la sensazione che non fosse quell' orco, che tanti hanno, poi, descritto - fu molto cordiale, estroverso, quei due giorni; andava, forse, alla ricerca di una compagnia, di qualcuno che lo tirasse fuori dalla rete della travolgente passione amorosa. Dal trenta maggio al ventidue giugno non una sola annotazione sul suo diario. Aveva tutt' altro da fare. La C. gli aveva detto che sarebbe tornata, dopo l' incontro di Cortina, dopo due mesi. E si attacca alla sorella, alla Doris, per avere notizie. Il ventidue giugno parte per Roma, per il Premio Strega. Gli feci un telegramma, per il riconoscimento letterario. - A Roma, anche l' estate è bella, con lo Strega - Mi rispose, il 6 luglio, con questa lettera: 6 luglio ' 50 «Caro Enrichens, La ringrazio del suo telegramma. Troppa degnazione per una faccenda pettegola e mondana come lo Strega. Come ho già scritto agli amici di S. Stefano, verrò presto a trovarvi, entro il mese. Arrivederci e grazie ancora Pavese». Avevamo combinato, con Nuto, di festeggiarlo, a S. Stefano, una sera con una bicchierata. Ci aveva promesso che sarebbe venuto. Anche la cugina Federica aveva insistito. Ma aveva preso alloggio all' Albergo Roma a Torino ed aveva deciso di suicidarsi. La C. non era più tornata. Gli aveva scritto un biglietto dal New-Mexico, il 27 giugno, e Pavese sapeva che non l' avrebbe più rivista. E pensava alle notti di Cortina. Come un adolescente, non seppe resistere. Appresi la notizia della morte, a Garessio, leggendola sulla "Gazzetta Sera" del 28-29 agosto, che uscì con questo titolo, su quattro colonne, e la foto dello scrittore: "Con oltre venti cartine di sonnifero in un albergo di Torino, Cesare Pavese si è ucciso ieri". Dopo la morte, dopo il Premio "Strega" tutti avevano conosciuto Pavese, a S. Stefano, tutti si ricordavano di lui. Ancora adesso la maggior parte dei suoi concittadini non sa chi sia stato. Un tale mi dice, ancora oggi, che è stato suo compagno di scuola alle elementari; e Pavese le elementari le ha frequentate a Torino! I critici fecero il coro sullo scrittore, cercarono di spiegarne la morte. Luigi Barzini, sulla "Settimana Incom" scrisse che Pavese, a Roma, aveva fatto la fine di un qualsiasi provinciale, abbagliato dalle luci della città, lui che veniva dalla campagna, dalle Langhe! © RIPRODUZIONE RISERVATA - NICOLA ENRICHENS
Eranoi giorni terribili del suo burrascoso amore con la C. Dowling. La mattina seguente andammo a S. Libera. Io dovevo visitare quella scuola - quindici bambini, una sola insegnante, quattro classi - ed invitai anche lui a venire. Mentre salivamo, per la strada di Seirole, che porta a S. Libera, Pavese mi fece tutto un panorama della letteratura contemporanea, dicendomi che, da noi, ciò che era rimasto di valido, come contatto colla realtà, era il ritorno a Verga. - Lei deve partire, mi disse, da Verga, salta la triade Carducci-Pascoli-D' Annunzio, ed arrivare, ad esempio a Federico Tozzi e De Sica. Mi parlò dell' "Ulisse", di Joyce, di Proust, (del quale mi mandò "La strada di Swann") di Lee Masters ecc. Si fermò davanti ad un pesco fiorito ad ammirarlo: vidi, dietro i vetri tersi delle sue lenti, i suoi occhi brillare, come incantati per un miracolo. Mi parlò del mito, delle religioni antiche, quando ci fermammo davanti a un pilone d' un santo, fu, per me, la sintesi meravigliosa dei miei studi, che Pavese ripulì, quel giorno, dei sedimenti della tradizione. Comprai, poi, "Tre croci" del Tozzi. Ritornammo all' Albergo della Posta; mangiammo di buon appetito, poi l' accompagnai, a piedi, fino alla stazione, dove egli prese il treno per Torino. Stava maturando il "Premio Strega".
Ebbi, però, la sensazione che non fosse quell' orco, che tanti hanno, poi, descritto - fu molto cordiale, estroverso, quei due giorni; andava, forse, alla ricerca di una compagnia, di qualcuno che lo tirasse fuori dalla rete della travolgente passione amorosa. Dal trenta maggio al ventidue giugno non una sola annotazione sul suo diario. Aveva tutt' altro da fare. La C. gli aveva detto che sarebbe tornata, dopo l' incontro di Cortina, dopo due mesi. E si attacca alla sorella, alla Doris, per avere notizie. Il ventidue giugno parte per Roma, per il Premio Strega. Gli feci un telegramma, per il riconoscimento letterario. - A Roma, anche l' estate è bella, con lo Strega - Mi rispose, il 6 luglio, con questa lettera: 6 luglio ' 50 «Caro Enrichens, La ringrazio del suo telegramma. Troppa degnazione per una faccenda pettegola e mondana come lo Strega. Come ho già scritto agli amici di S. Stefano, verrò presto a trovarvi, entro il mese. Arrivederci e grazie ancora Pavese». Avevamo combinato, con Nuto, di festeggiarlo, a S. Stefano, una sera con una bicchierata. Ci aveva promesso che sarebbe venuto. Anche la cugina Federica aveva insistito. Ma aveva preso alloggio all' Albergo Roma a Torino ed aveva deciso di suicidarsi. La C. non era più tornata. Gli aveva scritto un biglietto dal New-Mexico, il 27 giugno, e Pavese sapeva che non l' avrebbe più rivista. E pensava alle notti di Cortina. Come un adolescente, non seppe resistere. Appresi la notizia della morte, a Garessio, leggendola sulla "Gazzetta Sera" del 28-29 agosto, che uscì con questo titolo, su quattro colonne, e la foto dello scrittore: "Con oltre venti cartine di sonnifero in un albergo di Torino, Cesare Pavese si è ucciso ieri". Dopo la morte, dopo il Premio "Strega" tutti avevano conosciuto Pavese, a S. Stefano, tutti si ricordavano di lui. Ancora adesso la maggior parte dei suoi concittadini non sa chi sia stato. Un tale mi dice, ancora oggi, che è stato suo compagno di scuola alle elementari; e Pavese le elementari le ha frequentate a Torino! I critici fecero il coro sullo scrittore, cercarono di spiegarne la morte. Luigi Barzini, sulla "Settimana Incom" scrisse che Pavese, a Roma, aveva fatto la fine di un qualsiasi provinciale, abbagliato dalle luci della città, lui che veniva dalla campagna, dalle Langhe! © RIPRODUZIONE RISERVATA - NICOLA ENRICHENS
Ebbi, però, la sensazione che non fosse quell' orco, che tanti hanno, poi, descritto - fu molto cordiale, estroverso, quei due giorni; andava, forse, alla ricerca di una compagnia, di qualcuno che lo tirasse fuori dalla rete della travolgente passione amorosa. Dal trenta maggio al ventidue giugno non una sola annotazione sul suo diario. Aveva tutt' altro da fare. La C. gli aveva detto che sarebbe tornata, dopo l' incontro di Cortina, dopo due mesi. E si attacca alla sorella, alla Doris, per avere notizie. Il ventidue giugno parte per Roma, per il Premio Strega. Gli feci un telegramma, per il riconoscimento letterario. - A Roma, anche l' estate è bella, con lo Strega - Mi rispose, il 6 luglio, con questa lettera: 6 luglio ' 50 «Caro Enrichens, La ringrazio del suo telegramma. Troppa degnazione per una faccenda pettegola e mondana come lo Strega. Come ho già scritto agli amici di S. Stefano, verrò presto a trovarvi, entro il mese. Arrivederci e grazie ancora Pavese». Avevamo combinato, con Nuto, di festeggiarlo, a S. Stefano, una sera con una bicchierata.
Ci aveva promesso che sarebbe venuto. Anche la cugina Federica aveva insistito. Ma aveva preso alloggio all' Albergo Roma a Torino ed aveva deciso di suicidarsi. La C. non era più tornata. Gli aveva scritto un biglietto dal New-Mexico, il 27 giugno, e Pavese sapeva che non l' avrebbe più rivista. E pensava alle notti di Cortina. Come un adolescente, non seppe resistere. Appresi la notizia della morte, a Garessio, leggendola sulla "Gazzetta Sera" del 28-29 agosto, che uscì con questo titolo, su quattro colonne, e la foto dello scrittore: "Con oltre venti cartine di sonnifero in un albergo di Torino, Cesare Pavese si è ucciso ieri". Dopo la morte, dopo il Premio "Strega" tutti avevano conosciuto Pavese, a S. Stefano, tutti si ricordavano di lui. Ancora adesso la maggior parte dei suoi concittadini non sa chi sia stato. Un tale mi dice, ancora oggi, che è stato suo compagno di scuola alle elementari; e Pavese le elementari le ha frequentate a Torino! I critici fecero il coro sullo scrittore, cercarono di spiegarne la morte. Luigi Barzini, sulla "Settimana Incom" scrisse che Pavese, a Roma, aveva fatto la fine di un qualsiasi provinciale, abbagliato dalle luci della città, lui che veniva dalla campagna, dalle Langhe! © RIPRODUZIONE RISERVATA - NICOLA ENRICHENS
E perdón por todas as mensaxes, pero estas limitacións do blogger remataran en twitter.
Borrádeme todas esas reverberacións do meu espíritu estulto.
Publicar un comentario